È di pochi giorni fa la notizia secondo la quale il Complesso museale di Santa Maria della Scala a Siena sarebbe a rischio chiusura. Si tratta di un antico ospedale dalla storia millenaria, che conserva al suo interno pregevoli testimonianze artistiche di diverse epoche, realizzate da artisti di primo piano (come il Vecchietta e Domenico di Bartolo). Inoltre il complesso ospita varie collezioni e ambienti dove si vive l’arte ad alto livello: ci sono musei, laboratori, raccolte, una biblioteca (la Biblioteca Briganti) e si organizzano mostre ed eventi. Il complesso (il cui sito web è www.santamariadellascala.com, dove potete recarvi per approfondirne la conoscenza) che si trova nel cuore di Siena, situato di fronte al Duomo, oggi è a rischio chiusura. E si tratterebbe di una gravissima perdita per la cultura non solo senese, ma di tutta Italia.
Perché si è arrivati a questo punto e come si può risolvere la situazione? Ne abbiamo parlato con Giulio Burresi (che ringraziamo per la disponibilità), studente dell’ultimo anno di Storia dell’Arte a Siena, che è uno degli animatori della protesta contro la chiusura del complesso (e a favore del suo salvataggio) ed è fondatore della pagina Facebook “Salviamo il Santa Maria della Scala” (www.facebook.com/www.salviamoilsantamariadellascala.it), che ha contribuito a diffondere in rete il problema.
Per iniziare, qual è la situazione del complesso di Santa Maria della Scala? Perché si è arrivati a ipotizzare la chiusura di uno dei complessi museali più importanti della regione e anche di tutto il paese?
La situazione è molto complessa e articolata. Il motivo principale è la mancanza di fondi, a seguito della crisi del Monte dei Paschi, uno dei principali sostenitori, e un altro problema sta nel fatto che dietro a tutto questo c’è una politica di organizzazione e di gestione dei servizi all’interno del complesso museale che è totalmente “sgangherata”... direi perché dietro a tutto questo ci sono i giochi della politica, le raccomandazioni, il fatto che non ci sono gli storici dell’arte, cioè le persone in grado di tutelare il patrimonio e di organizzare delle mostre con rigore scientifico. Invece di pensare al territorio si è dato spazio alla cultura dell’effimero, e quindi a mostre preconfezionate, senza un piano scientifico adeguato, tranne che per pochi casi però di altissima qualità. Per esempio la mostra su Duccio tra la fine del 2003 e gli inizi del 2004 (con la cura di Michel Laclotte, Luciano Bellosi e altri studiosi di primissimo livello), e poi anche l’ultima grande mostra, “Da Jacopo della Quercia a Donatello, Le Arti a Siena nel primo Rinascimento”, nel 2010, a cura di Max Seidel. Poi le altre, diciamo, non erano adeguate: anche la mostra su Federico Barocci, che era molto bella (pensiamo per esempio alla Pala di Perugia che era stata appena restaurata), non era organizzata in modo molto filologico. Però va anche detto che non c’è solo l’attività delle mostre: c’è per esempio il Museo Archeologico, che subirà anch’esso una sorte nefasta se il complesso di Santa Maria della Scala verrà chiuso, poi c’è il Museo d’Arte per Bambini, dove ci sono ottime persone che fanno i laboratori per le scuole (e tra l’altro è una cosa che ha costi molto ridotti), e diversi altri luoghi della cultura.
Quindi da una parte è mancato il sostegno dei privati, e dall’altra il pubblico non è stato di grande aiuto...
C’era una fondazione e il tutto è stato affidato a una organizzazione di servizi, che si chiama Vernice, strettamente connessa al Monte dei Paschi e che si occupava della gestione. Però, nonostante i lavoratori (e le lavoratrici, perché ci sono tantissime donne) dicono che Vernice desse molto lavoro, non aveva una politica di programmazione e di studio adeguata. Per quel che riguarda il personale della sorveglianza, c’è una cooperativa chiamata Zelig che ha avuto una gestione molto ambigua, e anche qui ci sarebbe da approfondire la situazione perché non si capisce bene come mai la Zelig vincesse tutti gli appalti di tutte le istituzioni senesi. Una situazione che, potremmo dire, è l’esatto opposto di quello che fu il periodo “aureo” delle mostre a Siena, cioè all’epoca di Previtali1: si parla degli anni tra il 19752, quando ci fu la mostra su Jacopo della Quercia, e, anche se Previtali era già scomparso, il 1990, anno della mostra su Domenico Beccafumi che fu molto bella, con la cura di Fiorella Sricchia Santoro3 e con Paola Barocchi4 nel comitato scientifico, oltre a un giovane Andrea De Marchi5 che pur essendo giovane era già un ottimo studioso. Fu un grandissimo momento, e questo fu possibile perché c’era una stretta collaborazione tra Università, Comune e Soprintendenza, e fu tra l’altro in questo contesto che nacque il Complesso Museale di Santa Maria della Scala. Fu a partire dal 19866 che si costituì un Comitato per il recupero del Museo: e oggi purtroppo siamo arrivati al rischio di chiusura.
Di cosa avrebbe bisogno il complesso di Santa Maria della Scala per uscire da questa situazione? Cosa sarebbe necessario per salvare Santa Maria della Scala?
Intanto la situazione di oggi, di qualche ora fa, è già diversa, perché il Commissario ha deciso di sbloccare dei finanziamenti: quindi già qualcosa di diverso (per esempio si pensa che la Biblioteca Briganti rimarrà aperta fino al 30 settembre). Un modo per uscire da questa situazione potrebbe essere quello di sbloccare nuovi fondi, che possono venire dalla Regione (si parla di 400.000 euro). C’è anche chi ha pensato a un “grandissimo mecenate” che riesca a salvare il complesso, ma si tratta di un’ipotesi molto fantasiosa. L’altro modo potrebbe essere contenere le spese, per esempio riducendo di molto gli orari: quasi sicuramente il Santa Maria della Scala rimarrà completamente chiuso nei mesi di gennaio e febbraio dell’anno prossimo, anche se si riuscisse a farlo riaprire stabilmente. Diciamo però che una soluzione reale non c’è: si stanno aspettando decisioni dall’alto. Secondo me però il modo principale per far tornare questa istituzione al suo splendore è affidarla nuovamente agli storici dell’arte, restituirla a chi conosce il mestiere e sa dove intervenire per eliminare gli sprechi.
In che modo noi tutti, dagli studiosi fino ai semplici appassionati passando per gli studenti, che abitiamo lontani a Siena e abbiamo però a cuore le sorti di Santa Maria della Scala e vorremmo dare una mano, possiamo fornire il nostro aiuto?
Attraverso la mia pagina che ho aperto su Facebook (www.facebook.com/www.salviamoilsantamariadellascala.it) cerco sempre di tenere alta l’attenzione e cerco di sensibilizzare tutti sul fatto che Santa Maria della Scala è un complesso che ha bisogno di aiuto: personalmente dico che è un “ospedale che ha bisogno di cure”, e questo sia a livello di idee (mancano proprio idee su come utilizzare gli spazi), sia a livello economico, perché mancano i fondi. Per chi domani (venerdì 31 agosto) sarà in zona, si terrà alle 16:30 un presidio davanti alla prefettura, con artisti senesi che leggeranno brani che servono a smuovere le coscienze, per cui siete tutti invitati a partecipare in massa! Un modo per aiutare anche da lontano secondo me è cercare di non far calare l’attenzione e parlare con le istituzioni, perché poi c’è anche un altro rischio: non vorrei che ora, concessa la proroga (per la biblioteca di un mese, per il resto si parla di due mesi), l’attenzione vada calando e non si parli più del complesso di Santa Maria della Scala che, ripeto, ha bisogno di cure e attenzione.
Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta
Gli articoli firmati Finestre sull'Arte sono scritti a quattro mani da Federico Giannini e Ilaria Baratta. Insieme abbiamo fondato Finestre sull'Arte nel 2009. Clicca qui per scoprire chi siamo