Come il Museo Storico e il Parco del Castello di Miramare di Trieste stanno affrontando l’emergenza sanitaria del coronavirus e come pensano di lavorare quando finirà? Durante le misure restrittive, investimenti sul digitale e sulle attività per i bambini e i ragazzi, oltre che intensificazione dell’attività sui social e potenziamento dei contenuti: un museo ha una missione pubblica che deve continuare anche a porte chiuse. Finita la crisi, un più attivo dialogo col pubblico locale, il rinnovamento degli apparati didattici, valorizzazione delle collezioni, pochi progetti, ma significativi. Andreina Contessa, direttrice del museo triestino, ci spiega la “ricetta” di Miramare di fronte alla pandemia. L’intervista è a cura di Ilaria Baratta.
Andreina Contessa |
IB. A seguito del DPCM dell’8 marzo, anche il Museo Storico e il Parco del Castello di Miramare hanno dovuto chiudere al pubblico, come tutti musei in Italia. Come state reagendo a questa decisione, in conformità con le misure restrittive dell’emergenza sanitaria Covid-19?
AC. Un momento difficilissimo, in cui non si può non soffrire dell’enorme patrimonio che nessuno può vedere, perché siamo tutti invitati a stare chiusi in casa per preservare noi stessi e gli altri da questo virus. I musei sono chiusi, esposizioni importanti sono sospese in attesa di una nuova data di apertura, iniziative che hanno comportato investimenti e un enorme lavoro, ora rischiano di essere vanificate. Anche noi, a salvaguardia della salute di tutti, a cominciare dai dipendenti, lavoriamo a museo chiuso per lo più da casa, e non nascondo la difficoltà a gestire e coordinare la continuità operativa agendo da remoto in situazioni virtuali che spesso non sono né agili né “smart”. Anche noi abbiamo come tutti investito enormemente sul lavoro di comunicazione a tutti i livelli. Come tanti musei in Italia stanno facendo, anche noi ci raccontiamo e cerchiamo un accesso al pubblico tramite i media. Io sto riflettendo enormemente sul ruolo sociale oltre che culturale che i musei devono rivestire oggi e dei possibili sviluppi futuri.
Il filo conduttore della vostra politica attuale, avendo incrementato l’attività sui canali social Facebook, Instagram e Twitter in base a una pianificazione quotidiana di nuovi contenuti, tra fotografie, video, disegni, visite virtuali al museo condotte da Lei stessa, è l’idea che la cultura non si debba fermare e che i musei debbano rimanere aperti anche se solo virtualmente per il momento. In quest’ottica, perché crede che i musei e la cultura in senso lato debbano proseguire anche in periodi difficili come quello che stiamo vivendo?
Se vuole mantenere la sua funzione pubblica, educatrice e culturale un museo non può chiudere, deve restare aperto con le modalità che oggi la tecnologia e la comunicazione ci consentono. Un museo è una piccola fucina operosa dove si creano esperienze di conoscenza, si produce educazione e cultura. Io sono convinta del valore insito che un museo può apportare al benessere e alla vita di tutti, anche in momenti difficili come questo. Credo nel potere terapeutico del verde, dell’arte e della bellezza. In questo momento cupo in cui siamo obbligati a stare lontani gli uni dagli altri è vitale condividere piccole esperienze di bellezza, cura e consapevolezza. Il contributo che i musei stanno dando a superare questa crisi risiede in questo, ma anche nel rendere visibile l’identità culturale nella quale siamo cresciuti e che ci unisce nel creare quello sforzo di responsabilità e solidarietà diffusa, cui siamo chiamati in questo momento.
Tra le vostre iniziative proposte c’è Disegna Miramare!, l’iniziativa rivolta ai bambini che invita i più piccoli a rappresentare la loro idea di Miramare in colorati disegni, con l’intenzione di instaurare un simpatico colloquio a distanza con loro. Siete tra le poche sedi museali italiane che hanno pensato anche ai bambini: da cosa è stata dettata questa volontà?
Da sempre avevo l’idea di dedicare tempo e spazio ai bambini e ai ragazzi. Progetto che si era scontrato in realtà con la mancanza di uno spazio nel museo da consacrare alle attività con e per i bambini, con la gestione pluridecennale e immutata delle proposte didattiche da parte del concessionario, con la mancanza di un vero e proprio ufficio educativo. Ciononostante, in questi anni abbiamo iniziato a ripensare le iniziative per i bambini e le famiglie, attraverso proposte incentrate sui temi della natura che riunissero un percorso di ricerca nel parco e uno dentro la collezione del castello. Fondamentale è stata in questo ambito la collaborazione con il WWF - Area Marina Protetta, ospitata in un’ala delle Scuderie, e con cui stiamo condividendo anche la carto-mappa naturalistica (e presto anche quella storico-artistica) del parco e le connesse attività. In questa situazione di crisi e riflessione totale ho pensato che non si poteva sprecare l’occasione di investire sull’ammodernamento almeno virtuale del dialogo con i più piccoli. Disegna Miramare! è solo la prima di una serie di iniziative dedicate a bambini e ragazzi, che propongono contenuti di approfondimento sulla storia di Miramare e sulla sua collezione, giochi, audiostorie, attività ludiche e interattive. Tra queste una Memory, le Audiostorie raccontate ai più piccoli, e la serie I tesori di Miramare che spiegano la collezione in un linguaggio accessibile ai ragazzi. In corso di eleborazione anche una “caccia al tesoro” virtuale in collaborazione con il WWF - Area Marina Protetta per ragazzi dai 10 ai 14 anni.
Il complesso di Miramare è immerso in uno splendido paesaggio, con il bianco castello affacciato sul mare e il suo parco. Mantiene uno stretto legame con il suo territorio e più in generale con la Regione Friuli Venezia Giulia: da qui la scelta di chiedere ospitalità al quotidiano locale Il Piccolo e di realizzare brevi video in cui Lei approfondisce varie tematiche relative al museo e al parco. In questa situazione, ma anche quando l’emergenza sarà terminata, quanto è importante il rapporto con il territorio e con la stessa Regione?
Fin dall’inizio della crisi ho deciso di puntare sul digitale per il pubblico “lontano” con un potenziamento mirato di contenuti e di scambi su tutti i nostri social, ma anche sulla stampa per il pubblico in prossimità, con l’ospitalità chiesta e gentilmente ricevuta dal lettissimo giornale locale Il Piccolo di Trieste, il quale ha ospitato il mio appello di aprire una finestra al museo sulla sua pagina della cultura con interventi di approfondimento su temi legati alla collezione, ma anche al lavoro che stiamo facendo al castello e al parco di restauro, conservazione preventiva, rinnovamento del racconto museale e del suo linguaggio. Una finestra sul Miramare conosciuto ma anche su quello sconosciuto, il back stage del museo e la variegata valenza della “cura” museale. Dall’inizio dell’esperienza Il Piccolo ospita il museo tre volte alla settimana e io sono grata di questa ospitalità. Essa è anche il segno del ruolo e dell’importanza che il museo e l’amatissimo parco rivestono per la città.
Trieste, vista sul Castello di Miramare. Ph. Credit Marco Milani |
In base agli ultimi dati del MiBACT, il Museo di Miramare è tra i trenta musei statali italiani più visitati, collocandosi alla 23° posizione e superando nel 2019 i 300mila ingressi: un incremento del 10,7% rispetto al 2018. Senza tenere conto poi degli ingressi gratuiti con oltre 700mila visitatori l’anno. Si prospetta, secondo Lei, un cambiamento nel flusso di visitatori dopo l’emergenza? Avete già pensato a una linea da tenere all’uscita da questa fase?
Oltre alla grande perdita di questi mesi, che per Miramare sono normalmente di grandissimo afflusso, è prevedibile una flessione degli ingressi futuri, anche perché diminuirà il numero degli spostamenti, dei viaggi, dell’attrazione di luoghi pubblici dove potenzialmente si assembrano gruppi di persone. Abbiamo interiorizzato una serie di atteggiamenti difensivi e preventivi che sarà difficile abbandonare. Dovremo rassicurare il pubblico potenziando l’igiene e la sicurezza. Io per esempio ho reso obbligatoria la pulizia/igienizzazione di tutti i dispositivi di audio guida gestiti dal concessionario, dopo ogni singolo uso, e veglierò affinché questo avvenga realmente. Poiché sicuramente ci sarà un ridimensionamento della capacità di attrazione dei musei, soprattutto verso gli stranieri, il riferimento prioritario andrà ad un pubblico “prossimo”, per il quale il museo rappresenta un importante fattore di identificazione identitaria, e trattandosi di Trieste, anche, spero, al pubblico dell’immediato oltreconfine verso est ma anche in direzione dell’Austria. Il dialogo col pubblico lontano e prossimo non è stato mai interrotto e sarà su questa continuità che punteremo nei mesi che verranno, anche quando si andrà verso una riapertura graduale, investendo nuove energie e creatività nel creare una fidelizzazione e un impegno della collettività nei confronti del bene comune. Dobbiamo mettere in conto che saranno soprattutto i visitatori locali e prossimi il pubblico della mostra su Marcello Dudovich e il focus on sulla Scienza della visione che dovevamo inaugurare a inizio marzo e che sono sospese.
Nelle ultime settimane l’Atrio d’onore del museo ha cambiato volto, rinnovandolo ridipingendolo: un messaggio di rinnovamento in un periodo, potremmo dire, di generale sconforto. Segno che i musei debbano cambiare in positivo per seguire il corso del tempo?
Questo rinnovamento va visto nell’ambito delle azioni di revisione del percorso museale avviato di recente, e del nuovo modo che stiamo sperimentando con i Focus on di raccontare il museo attraverso i suoi oggetti, valorizzandoli e studiandoli da diversi punti di vista. Tale processo non poteva non riconsiderare l’Atrio d’Onore, che apre e conclude il percorso di visita. Questo ambiente, come avveniva nelle dimore signorili del passato, faceva parte storicamente degli spazi dedicati alla celebrazione del lignaggio dei padroni di casa, come appare nelle istruzioni scritte da Massimiliano per l’allestimento interno di Miramare, e come appare coerentemente attestato nelle testimonianze fotografiche dell’epoca. Alla base ci sono come sempre studio e ricerca, elementi portanti di un museo, che stiamo portando avanti similmente anche sul parco, dove lavoriamo su una conservazione filologicamente corretta ma anche sostenibile.
Dopo quest’emergenza, quale sarà secondo Lei il panorama culturale italiano? Sarà in grado di rialzarsi positivamente da questa situazione?
Il panorama italiano sarà economicamente in ginocchio, ma credo che saprà sfruttare l’enorme ricchezza del suo patrimonio e il potenziale di energie e creatività che stanno dimostrando i musei, soprattutto quelli autonomi, guidati da direttori che si stando spendendo in prima persona. Sarà necessaria una riprogrammazione culturale anche delle attività tenendo conto del “distanziamento sociale” che tutti abbiamo interiorizzato e che solo lentamente o forse mai ci lascerà. A Miramare punteremo anche sul parco e sulla possibilità di ripensamento di un percorso didattico rinnovato. In questa lunga chiusura abbiamo colto l’occasione per potenziare e investire sull’ammodernamento anche digitale e virtuale del dialogo con i più piccoli, che sono anche i nostri visitatori di domani. È su quello che bisogna porre nuovo pensiero e nuova energia creativa. Diminuirà esponenzialmente il numero di mostre proposte, si dovrebbe puntare a pochi progetti altamente significativi, alla valorizzazione delle collezioni, e sarebbe auspicabile una collaborazione tra musei che promuova forme di progettazione condivisa (anche nei costi) e partecipata. Io credo che la grande crisi e il difficile momento che stiamo vivendo debba essere occasione di ripensamento del ruolo dei musei nella società in generale, ma più in concreto nella società/comunità/città/regione di riferimento.
L'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta
Giornalista, è co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. È nata a Carrara nel 1987 e si è laureata a Pisa. È responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.