Una delle sensazioni più belle dopo una gara di scherma (dato che chi vi scrive pratica questo sport da anni) è spogliarsi, acchiappare in mano una bella confezione di bagnoschiuma e buttarsi sotto la doccia. Perché è lecito aspettarsi che nei luoghi attrezzati per praticare qualsivoglia tipo di sport, ci siano delle docce grandi e funzionali (o quanto meno, se è inverno, si spera che l’acqua che esce dalla bocchetta sia calda).
Nei luoghi attrezzati per lo sport, appunto: chi si aspetta di trovare delle docce grandi e funzionali (o meglio: chi si aspetta di trovare delle docce) dentro un complesso museale? Chissà se il popolo sudante e ansimante che ha affollato le sale del complesso di Santa Maria della Scala a Siena per la Sport Week (una settimana di eventi sportivi organizzata dal Comune di Siena e che ha visto il contributo del Monte dei Paschi) se l’è chiesto, e soprattutto: chissà se si è chiesto per quale oscura ragione delle lezioni di step, tonificazione muscolare, totalbody, zumba e chi più ne ha più ne metta, non abbiano trovato luogo migliore per il loro svolgimento degli ambienti di un museo.
Ora una persona sana di mente, potrebbe obiettare: beh, nei musei si tengono cene, banchetti, aperitivi, serate danzanti e quant’altro. Lo sport è una pratica altamente formativa (anche noi di Finestre sull’Arte lo consideriamo tale, pensiamo che lo sport sia importantissimo nella formazione non solo del fisico, ma anche del carattere e delle qualità mentali e morali di una persona), quindi non c’è niente di male se i musei ospitano piccoli eventi sportivi, purché questi avvengano in ambienti idonei alla pratica e soprattutto lontani anni luce dalle opere d’arte. Ma dato che viviamo in Italia, molto spesso la realtà supera la fantasia: nessuno, e quando dico nessuno intendo proprio nessuno, neanche il più fantasioso degli estremisti della difesa imperterrita e tenace del patrimonio pubblico, avrebbe pensato che un ambiente come la Sala di San Pio in Santa Maria della Scala avrebbe potuto trasformarsi in una palestra di zumba.
Sala di San Pio dove non sono appesi quadri degli ultimi imbrattatele che passavano di lì per caso, bensì dipinti di gente come Francesco Vanni, Priamo della Quercia, Rutilio Manetti e diversi altri importanti attori della vita artistica senese dal Quattrocento in poi. A cui hanno fatto compagnia gli sportivi che vedete nelle foto sotto, prese dalla pagina Facebook dell’evento:
La prima domanda che viene spontanea è: ma se ai tipi che si sferrano calci e pugni con guantoni e parastinchi dovesse, per un malaugurato caso, capitare di perdere l’equilibrio e cadere contro un dipinto danneggiandolo (dacché, come si evince dalle foto, sembra che non sia stata presa la benché minima misura di sicurezza per proteggere le opere)... non sarebbe un guaio, per usare un eufemismo? La seconda: ma a Siena sono tutti così sportivi, che il Comune aveva esaurito i palazzetti dello sport e le palestre e non sapeva dove infilare il popolo del fitness, quindi ha preso il primo posto che gli è passato per la testa? La terza domanda: ma il sudore una volta non era nocivo per i dipinti? Oppure i partecipanti della sport week non sudano? La quarta domanda: Siena vuole candidarsi come Capitale Europea della Cultura 2019... sicuri che non hanno capito "Capitale Europea del Culturismo"? Se è così allora organizziamo partite di pallavolo dentro la Sala del Mappamondo (tanto è grande e ci si sta comodi), lezioni di acquagym dentro la Fonte Gaia, e la Torre del Mangia la usiamo come parete da arrampicata.
Del resto lo ha detto anche la giunta comunale in una nota pubblicata qualche ora fa da Il cittadino online: “avvicinare i cittadini alla cura del corpo è una sfida importante”. Beh, quanto ad avvicinamento, direi che l’obiettivo è stato raggiunto: guardate come sono vicini ai dipinti i partecipanti, alcuni poi usano le nicchie della Sala di Sant’Ansano e San Galgano a mo’ di attaccapanni, quindi più avvicinamento di così, non si può. Ma la lungimirante giunta comunale senese si spinge ben oltre: “le mini masterclass [...] sono durate solo poche ore, di fatto costituendo un evento singolo e isolato” (come se ci volessero tre giorni e mezzo per riuscire a danneggiare un dipinto con un urto involontario). E ancora: “l’evento si è ovviamente svolto dopo sopralluoghi accurati con gli uffici competenti per la tutela del luogo” (complimenti agli “uffici competenti”!) e “l’ambiente non è stato in alcun modo danneggiato” (brindiamo!). Ma attenzione, il Comune riconosce che “sarebbe stato più opportuno utilizzare altre aree” (ma non mi dite!), “che purtroppo sono temporaneamente indisponibili poiché la loro messa in sicurezza è ancora in corso” (invece mettere a repentaglio dipinti di Francesco Vanni e colleghi lasciandoli alla mercé dei calci e del sudore del popolo del fitness, è un’operazione sicurissima). Poi la perla di saggezza: “peraltro in tanti musei del mondo vengono sperimentate contaminazioni provocatorie mettendo in campo molte forme di espressione del corpo, dai flash mob alle performances creative” (d’accordo, ma non è che si svolgono proprio secondo le modalità “un tantino avventate” della Sport Week di Siena). E per finire: “la Siena Sport Week ha visto la partecipazione di migliaia di persone e appassionati e ha portato a Siena un target di turismo, quello sportivo, che è assolutamente importante per la nostra Città”. Suggerisco, per la prossima volta, di portare i cultori di pittura senese del Tardo Manierismo a vedere una partita di calcio della squadra locale, che peraltro milita nel campionato di Serie B. Chissà che non riusciamo a trasformare gli studiosi in hooligans (e suppongo che la tentazione, dopo aver visto come viene trattato il patrimonio artistico, sarà stata molto forte).
Che dire quindi? È l’ennesima dimostrazione che in fondo, di questa arte di cui siamo così pieni, non è che ci interessi granché. E pensare che si era tanto parlato di salvare il Complesso (ne abbiamo parlato anche noi): ma di certo non è questo il modo, anzi si rischia di creare più danni che benefici. Ci auguriamo solo che la cosa non passi inosservata e che si faccia piena luce su chi ha concesso le autorizzazioni e sul perché sono state concesse, e soprattutto facciamo in modo che operazioni come queste non abbiano più luogo (anche per il popolo del fitness: è giusto che abbia luoghi più consoni di un museo per la pratica dello sport!): e si può raggiungere questo obiettivo solo con la piena consapevolezza di cosa significa amare e rispettare il proprio patrimonio culturale e artistico.
C’è un bellissimo cartone animato di Paperino del 1945, che si intitola The Clock Watcher, dove il simpatico pennuto, per l’occasione, è l’addetto all’impacchettamento dei regali in una fabbrica. A un certo punto lo si vede mentre infila un anello nella scatola di un pallone da rugby e poi, non riuscendo per ovvi motivi a infilare il pallone da rugby nella scatola dell’anello, lo buca con un cacciavite. A Siena più o meno il ragionamento è stato condotto secondo questo punto di vista.
L'autore di questo articolo: Federico Giannini
Nato a Massa nel 1986, si è laureato nel 2010 in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Nel 2009 ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione su web, con particolare riferimento alla comunicazione per i beni culturali. È giornalista iscritto all’Ordine dal 2017, specializzato in arte e storia dell’arte. Nel 2017 ha fondato con Ilaria Baratta la rivista Finestre sull’Arte, iscritta al registro della stampa del Tribunale di Massa dal giugno 2017. Dalla fondazione è direttore responsabile della rivista. Collabora e ha collaborato con diverse riviste, tra cui Art e Dossier e Left, e per la televisione è stato autore del documentario Le mani dell’arte (Rai 5) ed è stato tra i presentatori del programma Dorian – L’arte non invecchia (Rai 5). Ha esperienza come docente per la formazione professionale continua dell’Ordine e ha partecipato come relatore e moderatore su temi di arte e cultura a numerosi convegni (tra gli altri: Lu.Bec. Lucca Beni Culturali, Ro.Me Exhibition, Con-Vivere Festival, TTG Travel Experience).