Quando nel maggio scorso Palazzo Reale di Milano ha annunciato la sua collaborazione con la Tate Britain di Londra per la realizzazione della mostra interamente dedicata al movimento preraffaellita, Preraffaelliti. Amore e desiderio, attorno alla rassegna s’è creata grande curiosità: appare indiscutibile, del resto, il fascino della modernità medievale che caratterizza quei dipinti e disegni. I due termini “modernità” e “medievale” accostati potrebbero apparire un ossimoro, ma in realtà è l’accostamento più calzante con cui può essere definito questo movimento nato in Inghilterra a metà Ottocento, intorno al 1848, grazie al progetto rivoluzionario di sette studenti della Royal Academy che li condusse a formare una confraternita. Questi ultimi rifiutavano l’arte accademica, quindi l’ambiente da cui provenivano, e i “raffaelliti”, i seguaci di Raffaello Sanzio (Urbino, 1483 – Roma, 1520), in favore dell’arte medievale ai cui temi e stili si accompagnava tuttavia l’idea di rappresentare la realtà e la natura così com’erano.
La loro stessa denominazione di “Preraffaelliti” indicava come loro modello di arte l’epoca precedente al pittore urbinate, poiché quest’ultimo, soprattutto con la sua Trasfigurazione, aveva secondo loro stravolto nei suoi dipinti i principî di semplicità e di verità: troppo virtuosismo, una pomposità fuori luogo dei personaggi raffigurati e la mancanza di adesione alla verità di natura. Come affermava John Ruskin, mentore dei Preraffaelliti, la loro pittura rispondeva “al bisogno di tornare all’antica onestà”, ovvero al cosiddetto primitivismo, “a prescindere da qualsiasi regola convenzionale del dipingere”: attraverso il colore puro, l’importanza della linea di contorno e la ricerca di uno spazio simbolico, i Preraffaelliti trovavano nel Medioevo gli strumenti adatti a un rinnovamento di linguaggio e di contenuti.
È da questo presupposto che la mostra milanese si muove in un percorso espositivo il cui intento è quello di presentare al pubblico le tematiche caratteristiche dell’intera poetica del movimento e la fondamentale influenza della cultura e dell’arte italiana pre-rinascimentale.
Sala della mostra Preraffaelliti. Amore e desiderio |
Sala della mostra Preraffaelliti. Amore e desiderio |
Sala della mostra Preraffaelliti. Amore e desiderio |
Per la prima volta a Milano sono stati esposti dipinti iconici del Preraffaellismo, come L’Ofelia di John Everett Millais (Southampton, 1829 – Londra, 1896), Amore d’aprile di Arthur Hughes (Londra, 1832 – 1915), la Lady of Shalott di John William Waterhouse (Roma, 1849 – Londra, 1917), opere che difficilmente escono dai confini britannici: in questo senso la rassegna è imperdibile occasione per vedere riuniti dipinti che è possibile ammirare insieme solo se si visita il celebre museo londinese dal quale proviene la maggior parte dei capolavori esposti. Ma a questo punto si apre una dibattuta questione: quanto è utile a scopi conoscitivi una mostra che si basa sullo spostamento di circa ottanta opere dalla loro sede per dare a tutti la possibilità di ammirarle in un altro paese? Di certo l’emozione di poter contemplare da vicino capolavori della storia dell’arte britannica è straordinaria, ma ad avviso di chi scrive sono stati riuniti in una mostra che non aggiunge nuovi spunti e riflessioni o dettagli particolari a quanto non fosse già noto a coloro che la visitano possedendo già una conoscenza generale di questo movimento. Anche il catalogo stesso della mostra propone solo due saggi che illustrano prima la Confraternita dei Preraffaelliti e poi il rapporto tra i Preraffaelliti e l’Italia. Maria Teresa Benedetti, nel suo contributo, afferma che lo stesso John Ruskin, studioso inglese che “ha guidato gli artisti preraffaelliti alla comprensione della bellezza della nostra architettura, della pittura e del paesaggio italiano”, aveva espresso passione per il nostro paese. Inoltre, dalla fine del Settecento, in Inghilterra si diffuse l’arte italiana soprattutto attraverso numerose riproduzioni di opere d’arte italiane, in particolare grazie alle incisioni degli affreschi medievali del camposanto di Pisa realizzate da Carlo Lasinio (Treviso, 1759 – Pisa, 1838) nel 1812, alle riproduzioni dei maestri fiorentini realizzate da William Young Ottley, alle cromolitografie dell’Arundel Society, oltre che tramite libri e repertori illustrati. Millais possedeva una copia del volume Pitture a fresco del camposanto di Pisa pubblicato nel 1832; testimonianza di ciò è lo studio di Millais per Cristo in casa dei suoi genitori del 1849 circa: lo studio è base e modello per il dipinto, ma ha realizzato una scena di vita quotidiana dell’infanzia di Gesù e una composizione in cui la famiglia sembra espandersi dalla figura centrale di Cristo. O ancora ne Il disseppellimento della regina Matilda, affollata e dettagliata opera grafica che lo stesso artista compì nel 1849 evidenziando i contorni ed evitando l’utilizzo di un forte chiaroscuro e di ombre sfumate. Il soggetto del disegno è tratto dalle Lives of the Queens of England di Agnes Strickland: protagonista è Matilda, moglie di Guglielmo il Conquistatore, entrambi sepolti nella chiesa della Santissima Trinità a Caen. Nel 1562 i calvinisti occuparono la città e depredarono le tombe reali, rubando i gioielli di Matilda. La scena è rappresentata da Millais che sottolinea particolari e gesti dei personaggi raffigurati, soprattutto le monache i cui volti esprimono grande disperazione per ciò che sta accadendo. Queste sono associate alle figure dei santi e dei martiri visibili nelle decorazioni della parete retrostante.
John Everett Millais, Studio per Cristo in casa dei suoi genitori (1849 circa; grafite su carta, 19 x 33,7 cm; Londra, Tate Britain) |
John Everett Millais, Il disseppellimento della regina Matilda (1849; inchiostro su carta, 22,9 x 42,9 cm; Londra, Tate Britain) |
Come già affermato, la mostra accompagna il visitatore attraverso i temi più caratterizzanti del Preraffaellismo: dai pittori poeti alla fede laica, dalla fedeltà alla natura all’amore romantico, dalla bellezza dell’anima e del corpo al mito. Molto utile la sezione, presente sia nel percorso espositivo che nel catalogo, delle biografie di tutti i diciotto artisti che presero parte al movimento preraffaellita in quanto si fornisce in questo modo una contestualizzazione culturale ed esperienziale della loro arte: si ritrovano qui i nomi degli esponenti più noti del movimento, quali Edward Burne-Jones, Arthur Hughes, William Holman Hunt, John Everett Millais, Dante Gabriel Rossetti, John William Waterhouse , e degli esponenti un po’ meno conosciuti, come John Brett, Philip Hermogenes Calderon, Charles Allston Collins, Frank Cadogan Cowper, ma comunque tutti legati a un modo di dipingere da cui sono scaturiti grandi capolavori dell’arte britannica.
Uno dei loro intenti era produrre un’arte che avesse una qualità simile alle opere letterarie dei loro scrittori preferiti, tra cui Chaucer, Shakespeare e scrittori romantici come Alfred Tennyson, nonché Dante Alighieri che influì enormemente sull’arte di Dante Gabriel Rossetti (Londra, 1828 – Birchington on Sea, 1882): egli tradusse le opere del celebre poeta e anche suo padre fu uno studioso di Dante, tanto da chiamare suo figlio con lo stesso nome. Tra i temi prediletti che i Preraffaelliti amavano ritrovare nelle loro letture e che desideravano trasporre nelle loro opere pittoriche era l’amore tragico e romantico: storie d’infedeltà, di giovani innamorati appartenenti a diversi ceti sociali che quindi venivano ostacolati dalle rispettive famiglie. Le loro letture erano perciò spunto per i loro dipinti, ma a ciò essi aggiungevano la pittura dal vero; a questo modo potevano dipingere per esempio ogni dettaglio di elementi naturali, come fogliame, fiori, erba, e spesso a fare da modelli per le figure umane erano amici e famigliari. Si ritrova frequentemente infatti nei dipinti preraffaelliti la poetessa e pittrice Elizabeth Siddal (Londra, 1829 – 1862): la donna cominciò a posare per loro da quando il pittore Walter Deverell (Charlottesville, 1827 – Londra, 1854) la conobbe da una modista dove la giovane lavorava, ma il personaggio femminile più celebre che interpretò fu quello di Ofelia nell’opera omonima realizzata da Millais. L’artista si ispirò all’Amleto di Shakespeare, ma mentre lo scrittore fa raccontare a distanza la tragica fine di Ofelia dalla regina Gertrude, Millais conduce intimamente lo spettatore nel luogo della morte della ragazza. Per realizzare il dipinto, l’artista si trasferì per cinque mesi nelle vicinanze di una zona dominata dal verde dove scorreva il fiume Hogsmill per poter osservare attentamente l’acqua fangosa e il fogliame che dovevano accogliere la scena tragica della morte per annegamento di Ofelia; una volta tornato a Londra, fece posare per ore sdraiata in una vasca da bagno, vestita da sposa, la modella Elizabeth Siddal: a questo modo poteva osservare attentamente l’effetto dei capelli della ragazza nell’acqua e l’abito che bagnato le aderiva al corpo. Ogni fogliolina, ogni petalo dei fiori, ogni filo d’erba è stato realizzato singolarmente dall’artista, con profonda accuratezza; da notare il mazzolino di fiori colorati che Ofelia stringeva nella sua mano e che a causa della sua morte si sparge nell’acqua.
Una scena ravvicinata e intima è rappresentata anche da William Hunt (Londra, 1827 – 1910) in Claudio e Isabella, dipinto ispirato a un soggetto tratto da Misura per misura di Shakespeare. Claudio è condannato a morte per adulterio e sta chiedendo alla sorella d’infrangere i voti da monaca incontrando Angelo, vicario del duca che ha il potere di liberarlo dalla pena. Fulcro della scena sono le mani di Isabella che poggiano sul petto di Claudio: mentre lei medita sulla possibilità che ha di aiutare il fratello sacrificando la propria condizione monacale, sente battere il cuore di Claudio, simbolo di vita. Quest’ultimo invece tocca le catene che lo tengono prigioniero. Molta cura è stata dedicata inoltre all’abito di velluto e pelliccia del giovane.
John Everett Millais, Ofelia (1851-1852; olio su tela, 76,2 x 111,8 cm; Londra, Tate Britain) |
William Holman Hunt, Claudio e Isabella (1850; olio su tavola, 75,8 x 42,6 cm; Londra, Tate Britain) |
Cari ai Preraffaelliti furono inoltre i soggetti biblici che tuttavia vennero accolti con critiche nella Gran Bretagna protestante, in quanto questi dipinti esprimevano una vicinanza alla tradizione cattolica oppure in certi casi le figure bibliche erano rappresentate troppo realisticamente, come nel caso del Cristo muscoloso in Gesù lava i piedi a Pietro di Ford Madox Brown (Calais, 1821 – Londra, 1893). Tuttavia i Preraffaelliti rinnovarono la pittura religiosa britannica raffigurando personaggi dalla forte espressività psicologica: in particolare, Edward Burne-Jones (Birmingham, 1833 – Londra, 1898) compì una serie di disegni dove volle sperimentare l’espressione delle emozioni dei personaggi attraverso le loro diverse pose. In mostra sono esposti studî per la raffigurazione di Ezechiele in Ezechiele e la pentola che bolle: al profeta fu impedito da Dio di esprimere il proprio dolore per la morte della moglie; nonostante sia lontano dal letto di morte della donna, il profeta impone la propria presenza. Vari studî si focalizzano sulla mano di Ezechiele che tiene il cucchiaio per mescolare ciò che è all’interno della pentola; in realtà sono proprio i tratti in cui l’artista traccia la pentola e la veste del profeta che esprimono l’irrequietezza e il dolore per la morte della sua cara moglie. Tra i volumi prediletti di Burne-Jones era anche la raccolta di storie sul tema della cavalleria cristiana The Broad Stone of Honour, in cui centrale è il momento in cui san Giovanni Gualberto viene abbracciato in segno di gratitudine dal Cristo ligneo di un’edicola devozionale: uno studio per Il cavaliere misericordioso è esposto qui al pubblico.
Oltre ai soggetti biblici, i Preraffaelliti raffiguravano soggetti a loro contemporanei ai quali toccava il compito di esprimere questioni tipiche della loro epoca, come la situazione socio-economica delle donne, la cura e l’educazione dei figli, nonché rapporti sentimentali infelici. Tratta quest’ultimo tema uno dei dipinti più suggestivi della rassegna che difficilmente esce dai confini della Gran Bretagna, Amore d’aprile di Arthur Hughes. Una giovane donna, abbigliata con un lungo vestito blu intenso che risalta tra il verde del fogliame, piange un amore finito sotto un pergolato volgendo lo sguardo altrove, mentre l’uomo tiene la mano della fanciulla tra le sue: il significato del dipinto è espressamente suggerito dal linguaggio dei fiori, in quanto l’amore sbocciato espresso dal rigoglioso lillà che si trova oltre il pergolato è appassito come i petali della rosa sparsi invece in primo piano; l’edera e la rosa alludono ironicamente all’amore eterno. Questo dipinto fu accompagnato ad alcuni versi del poeta Alfred Tennyson che recitavano “Amor diventa un vago rimpianto / Si bagnan gli occhi di vano pianto. / Da vezzi futili legati siamo / ancor”. Come nei dipinti a soggetto biblico, anche nelle opere con soggetti tratti dalla vita contemporanea, i personaggi sono carichi di realismo e di complessità psicologica. Carica di espressività, per esempio, è la bambina protagonista dell’acquerello Cattivo soggetto, opera di Ford Madox Brown: un’allieva alquanto svogliata che rivolge lo sguardo allo spettatore quasi sfidandolo.
Grazie a John Ruskin i Preraffaelliti presero a rappresentare la natura così com’era, poiché il loro sostenitore credeva fermamente nella natura come opera d’arte di Dio, nella quale era possibile trovare la verità emozionale e spirituale. “Andate incontro alla natura in totale semplicità di cuore […] senza scartare né selezionare né disprezzare nulla”, affermava Ruskin. Ad accogliere questo aspetto naturalistico fu in particolare John Brett (Reigate, 1831 – Londra, 1902): suoi sono lo spettacolare Ghiacciaio di Rosenlaui e il maestoso Canale della Manica visto dalle scogliere del Dorset, nonché la Veduta di Firenze da Bellosguardo, nella quale l’artista rappresenta dettagliatamente torri, cupole e tetti della città che il critico Allen Staley considerava “uno dei più straordinari dipinti preraffaelliti, equivalente ottocentesco delle vedute urbane elaborate e ricche di particolari di Canaletto e Bellotto”. L’aspetto più spirituale della natura è invece espresso in Picciola di Robert Braithwaite Martineau (Londra, 1826 – 1869): la scena raffigurata nel dipinto è tratta dall’omonimo romanzo di Joseph-Xavier Boniface; un soldato francese carcerato, il conte Charney, si prende cura di una piantina che è cresciuta tra le lastre del cortile della prigione. Ciò intende sottolineare che è possibile trovare la spiritualità anche nella semplice osservazione della natura.
Ford Madox Brown, Gesù lava i piedi di Pietro (1852-1856; olio su tela, 116,8 x 133,3 cm; Londra, Tate Britain) |
Edward Burne-Jones, Studio di composizione per Il cavaliere misericordioso (1863 circa; grafite su carta, 25,2 x 15,3 cm; Londra, Tate Britain) |
Edward Burne-Jones, Studio di composizione per Ezechiele e la pentola che bolle (1860 circa; grafite su carta, 18,1 x 13,3 cm; Londra, Tate Britain) |
Arthur Hughes, Amore d’aprile (1855-1856; olio su tela, 88,9 x 49,5 cm; Londra, Tate Britain) |
Ford Madox Brown, Cattivo soggetto (1863; acquerello su carta, 23,2 x 21 cm; Londra, Tate Britain) |
John Brett, Il ghiacciaio di Rosenlaui (1856; olio su tela, 44,5 x 41,9 cm; Londra, Tate Britain) |
John Brett, Il canale della Manica visto dalle scogliere del Dorset (1871; olio su tela, 106 x 212,7 cm; Londra, Tate Britain) |
John Brett, Veduta di Firenze da Bellosguardo (1863; olio su tela, 60 x 101,3 cm; Londra, Tate Britain) |
Robert Braithwaite Martineau, Picciola (1853; olio su tela, 63,5 x 81,3 cm; Londra, Tate Britain) |
Dante Gabriel Rossetti era invece particolarmente affascinato dalle storie amorose del mondo medievale, soprattutto quelle raccontate da Dante Alighieri o quelle della Morte di Artù di Thomas Malory, ma anche da quelle ispirate al celebre Roman de la rose. L’artista realizzò acquerelli di piccole dimensioni su questi temi, caratterizzati da un’ambientazione spesso raccolta e privata: tra questi, La tomba di Artù, dove Lancillotto si spinge letteralmente davanti al viso dell’amata Ginevra proprio sulla tomba di re Artù, marito di quest’ultima; o le Nozze di san Giorgio e della principessa Sabra, dove i due innamorati si stringono in un tenero abbraccio in cui lei si taglia con le forbici una ciocca di capelli e la lega all’armatura di lui e san Giorgio la bacia sul naso. Modella per Sabra fu Jane Morris, moglie dell’artista e scrittore William Morris, mentre si ritrova nell’acquerello Paolo e Francesca da Rimini e in alcuni disegni la già citata Elizabeth Siddal, pittrice e compagna di Rossetti. L’amore illecito di Paolo e Francesca, la celebre coppia protagonista del V canto dell’Inferno di Dante che s’innamorò leggendo la storia d’amore di Lancillotto e Ginevra, rimanda alla relazione quasi clandestina tra l’artista e la modella: i due si sposarono successivamente nel 1860. L’opera è suddivisa in tre parti: tra il bacio terreno e l’abbraccio infernale di Paolo e Francesca, Dante e Virgilio si stringono la mano osservando i due estremi della tragica vicenda dei due giovani amanti.
Proseguendo verso la conclusione del percorso espositivo sono esposti i magnifici ritratti, realizzati da Dante Gabriel Rossetti, delle seducenti donne preraffaellite che rispondevano pienamente alle teorie dell’Aesthetic Movement: in ogni forma d’arte doveva essere rappresentata la bellezza. Rossetti conobbe la pittura italiana rinascimentale e la ritrattistica di Tiziano, Raffaello, Leonardo, Michelangelo e da queste si fece fortemente ispirare: i personaggi femminili ritratti incarnano proprio la bellezza moderna, con i loro folti capelli spesso di colore rosso e i tratti del viso marcati; anche i ricchi tessuti e i morbidi panneggi degli abiti richiamano quell’ideale di bellezza onnipresente, tanto che la moda dell’epoca s’ispirò al modello preraffaellita. Sono donne che dominano consapevolmente l’intera tela: ne sono chiari esempî Aurelia (L’amante di Fazio), Monna Vanna e Monna Pomona. La prima è un soggetto ispirato a una canzone di Fazio degli Uberti, che Rossetti aveva tradotto come His Portrait of his Lady, Angiola of Verona; notevole è qui l’influenza della pittura veneta cinquecentesca, da Tiziano a Palma il Vecchio al Veronese, di cui l’artista vide alcune opere al Louvre. Tratto più distintivo di questo dipinto è la grande sensualità che trasmette, in particolare attraverso il gesto di acconciarsi i lunghi capelli mossi rossi, mentre volge lo sguardo verso lo specchio: presumibilmente infatti il quadro risente della Donna allo specchio di Tiziano, di cui Rossetti possedeva una fotografia. In questo caso a fare da modella ad Aurelia fu Fanny Cornforth, con cui l’artista intratteneva una relazione.
Monna Vanna raffigura una donna dal fascino inaccessibile per la sua bellezza imponente ma distante; tuttavia ad attrarre fortemente lo sguardo dello spettatore è di certo l’abito che domina quasi l’intera scena. Molto seducenti sono le mani ingioiellate sulle quali la protagonista intreccia e arrotola la collana di pietre rosse. Inoltre, anche in questo dipinto è forte l’influsso della ritrattistica italiana: la grande manica rimanda al Ritratto di Giovanna d’Aragona di Raffaello custodito al Louvre e alla Velata di Raffaello di Palazzo Pitti.
La modella Ada Vernon è stata resa invece protagonista del ritratto di Monna Pomona: la donna incarna la bellezza rinascimentale riccamente abbigliata, ornata e ingioiellata; è un dipinto che coinvolge tutti i sensi dello spettatore per la presenza della mela, dei fiori, delle perle. La sensualità è tangibile nei gesti delle mani e nell’espressione, da donna consapevole della sua seduzione.
Anche personaggi letterari incarnavano gli ideali di bellezza, come la Beatrice di Dante Alighieri in Beata Beatrix; tuttavia in questo caso nel dipinto c’è un rimando diretto alla vita di Rossetti, poiché l’artista realizzò questa suggestiva opera in memoria della sua Elizabeth, scomparsa prematuramente in giovane età. Questo capolavoro è intriso di significati simbolici: la colomba rossa, allusione allo Spirito Santo e all’amore, offre un papavero alla donna, fiore che allude alla passione ma anche alla morte; il colore rosso predominante nei capelli di Beatrice, nel mantello di Amore e nella colomba rimanda alla passione umana ma anche all’intensità spirituale. La meridiana che indica le nove è un rimando letterario alla Beatrice dantesca poiché Dante la incontra all’età di nove anni e Beatrice muore alle nove del 9 giugno 1290: all’interno della composizione del dipinto però la meridiana lega la donna alla luce, quindi Beatrice è la luce. E ancora rimandi alla vita e alla rinascita si colgono nel muro in primo piano che divide una zona terrena da un’altra trascendente, nel pozzo alle spalle di Dante, nell’albero fiorito. L’amore era per Rossetti unione di sentimento terreno e di estasi religiosa e in quest’opera convivono infatti elementi terreni e spirituali.
Le donne preraffaellite cominciarono a essere ritratte verso la fine degli anni Ottanta dell’Ottocento come donne protagoniste di miti e leggende dove centrali erano la magia, l’incantesimo, la maledizione: le eroine rappresentate erano femmes fatales coinvolte in un mondo misterioso. Fu in particolare John William Waterhouse a prediligere questo tema; uno dei suoi capolavori più celebri è La dama di Shalott che, come si evince dal suo titolo, si ispira al poemetto romantico omonimo di Alfred Tennyson. Protagonista è una donna che vive in una torre sull’isola di Shalott, vicino a Camelot, e a causa di una maledizione è costretta a non guardare mai verso quel luogo, altrimenti morirà. Guarda l’esterno attraverso uno specchio e tesse ciò che vede su una tela magica. Un giorno, vedendo Lancillotto dal suo specchio, è vinta dalla tentazione di guardare direttamente dalla finestra della torre e il suo sguardo si volge verso Camelot; a quel punto decide di abbandonare la torre per dirigersi in quel luogo e si imbarca su un fiume cantando tristi parole, condannata a morire. Waterhouse rappresenta nella sua opera la ragazza mentre è già seduta sulla barca che sta navigando il fiume andando via via spegnendosi.
Dante Gabriel Rossetti, La tomba di Artù (1860; acquerello su carta, 23,5 x 36,8 cm; Londra, Tate Britain) |
Dante Gabriel Rossetti, Paolo e Francesca da Rimini (1855; acquerello su carta, 25,4 x 44,9 cm; Londra, Tate Britain) |
Dante Gabriel Rossetti, Elizabeth Siddal si fa la treccia (1855 circa; grafite su carta, 17,1 x 12,7 cm; Londra, Tate Britain) |
Dante Gabriel Rossetti, Le nozze di san Giorgio e della principessa Sabra (1857; acquerello su carta, 36,5 x 36,5 cm; Londra, Tate Britain) |
Dante Gabriel Rossetti, Aurelia (l’amante di Fazio) (1863-1873; olio su tavola, 43,2 x 36,8 cm; Londra, Tate Britain) |
Dante Gabriel Rossetti, Monna Vanna (1866; olio su tela, 88,9 x 86,4 cm; Londra, Tate Britain) |
Dante Gabriel Rossetti, Monna Pomona (1864; acquerello e gomma arabica su carta, 47,6 x 39,3 cm; Londra, Tate Britain) |
Dante Gabriel Rossetti, Beata Beatrix |
John William Waterhouse, La dama di Shalott (1888; olio su tela, 153 x 200 cm; Londra, Tate Britain) |
Se obiettivo della mostra di Palazzo Reale è illustrare i temi prediletti del movimento preraffaellita, i visitatori ne avranno una buona conoscenza, anche attraverso gli interessanti disegni presenti in esposizione, perlopiù ad opera di Burne-Jones, che aiutano a comprendere le fasi realizzative e di studio di un dipinto. Per quanto riguarda il catalogo, questo riprende l’esatta suddivisione delle sezioni della rassegna, introducendo ognuna di esse con un breve testo di presentazione, ma mancano nella maggior parte dei casi le schede delle opere.
Si ricordi inoltre la mostra Preraffaelliti. L’utopia della bellezza che si è tenuta a Torino, presso Palazzo Chiablese, da aprile a luglio 2014: si portavano per la prima volta nel capoluogo piemontese dalla Tate Britain alcuni capolavori dei Preraffaelliti, tra cui anche L’amata (La sposa) di Dante Gabriel Rossetti, che invece alla mostra di Milano non è presente.
In quale altra città italiana giungeranno i Preraffaelliti per la prima volta tra qualche anno?
L'autrice di questo articolo: Ilaria Baratta
Giornalista, è co-fondatrice di Finestre sull'Arte con Federico Giannini. È nata a Carrara nel 1987 e si è laureata a Pisa. È responsabile della redazione di Finestre sull'Arte.