C’è da augurarsi che, appena saranno terminate le celebrazioni del cinquecentesimo anniversario della scomparsa di Leonardo da Vinci, possano finire al contempo anche tutte le stancanti, stucchevoli, tediose e inutili polemiche che da mesi accompagnano l’evento e che, sostanzialmente, finiscono sempre col ridursi a una demenziale contesa nazionalista tra Italia e Francia, con l’immancabile e querulo ritornello sovranista secondo il quale il genio verrebbe più degnamente celebrato di là dalle Alpi. E dal momento che la visita del presidente della repubblica Sergio Mattarella dello scorso 2 maggio ad Amboise, luogo in cui il pittore scomparve nel 1519 e dove la Francia ha organizzato una cerimonia in memoria del grande artista, ha fornito un impagabile assist agli sciovinisti nostrani, subito pronti a lanciare i loro strali contro il capo di stato reo d’aver omaggiato Leonardo in terra straniera (e verrebbe da domandarsi dove avrebbe dovuto tenersi la commemorazione nel giorno della ricorrenza, se non nel luogo in cui il genio morì), occorre far sapere come stanno le cose a chi vorrebbe che la “grande mostra su Leonardo” venisse organizzata in Italia.
Intanto, una doverosa premessa: l’Italia ha già avuto quattro anni fa la “grande mostra” su Leonardo. Si trattava della monografica di Palazzo Reale, una rassegna ricca (fu la più grande mostra su Leonardo mai realizzata in Italia), con diversi prestiti internazionali (anche dalla Francia), di notevole spessore scientifico e capace di fare il punto in merito allo stato delle ricerche sull’artista in quel momento, e il tutto sulla base d’un assunto fondamentale: slegare Leonardo dalla sua dimensione di mito e calarlo nel proprio contesto storico, sociale, culturale. Partendo da questo presupposto, ne consegue che sarebbe davvero poco opportuno e poco sensato allestire (in Italia come in Francia: non cambia alcunché) una nuova grande monografica a soli quattro anni di distanza dall’ultima senza che ci siano ragioni scientifiche tali da giustificarla, anche perché le ultime ipotesi, novità e acquisizioni su Leonardo (che non sono molte: tra le più rilevanti, la riapertura della Sala delle Asse, le indagini diagnostiche sulla Scapigliata, la cui autenticità è attualmente oggetto d’una mostra alla Galleria Nazionale di Parma, e il rilancio di alcune teorie, peraltro molto discusse, sul Leonardo scultore) sono oggetto di singoli focus sparsi per l’Italia. Una ricorrenza è certo un ottimo sprone per gli studî, ma non dovrebbe mai portare a eccedere con eventi inutili: l’agenda della storia dell’arte dovrebbe essere dettata dai percorsi e dalle conquiste della ricerca, non dai compleanni.
Resta il fatto che, ad ogni modo, l’Italia sta festeggiando Leonardo in maniera più che degna, ed è da leggere positivamente il fatto che, invece d’un’unica grande mostra (che comporterebbe inutili dispendî di risorse ed energie, oltre all’antipatico effetto collaterale di privare diversi musei dei loro capolavori proprio in occasione del cinquecentenario), ne contiamo diverse di dimensioni contenute in tutta Italia. Positivamente perché, in primo luogo, nella storia dell’arte le misure d’una mostra non contano: un evento piccolo può comunque rappresentare un significativo momento d’approfondimento attorno a un artista o a una tematica (e diversi degli eventi italiani su Leonardo rivestono un’importanza non secondaria), e viceversa esposizioni che sciorinano decine se non centinaia di opere possono anche non essere basate su progetti validi e scientificamente fondati. In secondo luogo perché, in occasione di queste celebrazioni leonardiane, i musei stanno puntando a valorizzare le proprie collezioni: è questo il più aggiornato e dibattuto argomento di discussione in fatto di mostre. Questa settimana lo ha ribadito anche il direttore del Parco di Paestum, Gabriel Zuchtriegel, che ha dichiarato a chiare lettere come la strategia del sito da lui diretto intenda concentrarsi sulla raccolta permanente più che sulle mostre temporanee, ma è questa una linea che ormai si riscontra nell’azione di molti musei, dalla Pinacoteca di Brera alla Galleria Nazionale dell’Umbria, dalla Galleria Estense di Modena alla Galleria dell’Accademia di Firenze.
Con questo non si vuol certo dire che le mostre siano inutili (sono uno degli strumenti indispensabili della storia dell’arte, e gli stessi musei appena elencati ne fanno costante utilizzo) o che il grande evento debba essere evitato a tutti i costi: è però indubbio che, in questo senso, occorra una gestione più responsabile. Sicuramente, in occasione del cinquecentenario leonardiano stiamo assistendo a tanti eventi poco utili o ripetitivi, ma su queste pagine non s’è mai fatto mistero del fatto che un museo che rispolvera i proprî gioielli, magari arricchendo l’evento con pochi prestiti ma mirati e sensati, è da preferire rispetto a un istituto che ordina un evento bulimico con insensati e rischiosi spostamenti di capolavori. Anzi, potremmo spingerci oltre: rispetto a una mostra non motivata da validi assunti scientifici, è financo meglio una delle tante Leonardo experience che vanno di moda, o l’ennesima rassegna dei modellini delle macchine di Leonardo approntata in un centro commerciale.
Dunque, in conclusione, i sovranisti indignati stiano tranquilli, s’informino prima di commentare o si dedichino ad altri argomenti, e soprattutto la smettano d’utilizzare Leonardo da Vinci come terreno di scontro politico: in fatto di omaggi al genio, l’Italia non è seconda a nessuno, e chi vuole approfondire la sua figura ha avuto e continua ad avere un ampio ventaglio di possibilità. Le celebrazioni italiane sono partite con la mostra agli Uffizi che ha riportato in Italia il Codice Leicester a più di trent’anni di distanza dall’ultima occasione e con l’interessante esposizione milanese dei disegni con le idee per il Cenacolo, e proseguono in diverse città. In ordine sparso: a Milano riapre dopo i restauri la Sala delle Asse con tanto di proiezioni multimediali realizzate ad hoc, sempre nel capoluogo lombardo la Biblioteca Ambrosiana dedica un fitto programma per valorizzare il proprio patrimonio leonardiano (ricordiamo che l’Ambrosiana è in possesso del Codice Atlantico, grande protagonista del suo palinsesto), a Parma, come anticipato, si presentano le nuove indagini sulla Scapigliata, a Torino e a Venezia ci sono due mostre di disegni allestite attorno ai capolavori leonardiani dei due musei, ovvero il Ritratto d’uomo (il disegno che si pensava fosse un autoritratto di Leonardo) e l’Uomo vitruviano, a Firenze, oltre alla mostra sul Verrocchio che rappresenta anche un’impagabile opportunità per una riflessione sui rapporti tra Leonardo e il suo maestro (è questo il “grande evento” che tutti auspicano, ed è sicuramente molto più utile d’un’ipotetica “grande mostra” su Leonardo), è possibile visitare anche una rassegna con fogli scelti del Codice Atlantico, a Roma le Scuderie del Quirinale si concentrano sul Leonardo scienziato mentre i Musei Vaticani espongono gratuitamente per tutti il San Girolamo (peraltro uno dei capolavori della loro collezione), a Vinci, patria del genio, si è conclusa pochi giorni fa una preziosa mostra (la prima della Fondazione Pedretti) sulle incisioni di Wenceslaus Hollar tratte dai fogli leonardiani.
Gli amanti dell’arte contemporanea possono invece recarsi ad Anghiari, dove Emilio Isgrò espone un’opera, appositamente realizzata, che si confronta con la Battaglia di Anghiari, oppure al Centro Pecci di Prato che organizza una mostra con le reinterpretazioni di Leonardo secondo gli artisti dagli anni Sessanta a oggi, o ancora alla Fondazione Stelline di Milano dove alcuni artisti contemporanei di caratura internazionale rileggono l’Ultima cena. Infine, se proprio tocca ingaggiare una delirante competizione su chi riesce a farsi prestare più opere, chi si lagna del fatto che l’Italia potrebbe temporaneamente inviare un paio di dipinto o di disegni di Leonardo all’estero, ricordi che nel nostro paese arriveranno a giugno la Madonna Benois e in autunno la Madonna Litta. E tanti che negli ultimi mesi hanno parlato di una presunta arrendevolezza del nostro paese sul tema, forse farebbero meglio a prendersi un ritaglio di tempo per visitare una delle mostre appena menzionate.
L'autore di questo articolo: Federico Giannini
Nato a Massa nel 1986, si è laureato nel 2010 in Informatica Umanistica all’Università di Pisa. Nel 2009 ha iniziato a lavorare nel settore della comunicazione su web, con particolare riferimento alla comunicazione per i beni culturali. È giornalista iscritto all’Ordine dal 2017, specializzato in arte e storia dell’arte. Nel 2017 ha fondato con Ilaria Baratta la rivista Finestre sull’Arte, iscritta al registro della stampa del Tribunale di Massa dal giugno 2017. Dalla fondazione è direttore responsabile della rivista. Collabora e ha collaborato con diverse riviste, tra cui Art e Dossier e Left, e per la televisione è stato autore del documentario Le mani dell’arte (Rai 5) ed è stato tra i presentatori del programma Dorian – L’arte non invecchia (Rai 5). Ha esperienza come docente per la formazione professionale continua dell’Ordine e ha partecipato come relatore e moderatore su temi di arte e cultura a numerosi convegni (tra gli altri: Lu.Bec. Lucca Beni Culturali, Ro.Me Exhibition, Con-Vivere Festival, TTG Travel Experience).