Nel famoso film "Nosferatu" di Herzog non sono pochi i riferimenti alla pittura che si possono cogliere. In particolare, in diverse scene sembra che il regista abbia tratto diretta ispirazione dai suggestivi dipinti del pittore romantico Caspar David Friedrich. Attraverso un percorso nel film e nella pittura di Friedrich, scopriamo i riferimenti al sublime romantico dell'artista tedesco nelle scene della pellicola.
Nel 1979 Herzog girò il suo capolavoro “Nosferatu: il principe della notte” (con Klaus Kinski nel ruolo del vampiro) come remake del “Nosferatu” di Murnau, girato a sua volta nel 1922. Quest'ultimo, celebre esempio di cinema tedesco espressionista, nella sua realizzazione fu liberamente ispirato a “Dracula”, il romanzo di Bram Stoker pubblicato nel 1897 che consacrò la figura del vampiro, già emersa in un piccolo racconto di John Polidori scritto nel 1819. Una storia a ritroso, dunque, quella del “Nosferatu” di Herzog, che è solo in parte legato al celeberrimo libro di Bram Stoker. La storia generale, infatti, segue maggiormente le linee del “Nosferatu” di Murnau il quale dovette per primo cambiare nomi, vicende e luoghi rispetto al romanzo di riferimento a causa di un'intricata questione di diritti d'autore (persa, nonostante tutto).
Il “Nosferatu” di Herzog è ambientato a Wismar, tranquilla cittadina tedesca affacciata sul Mar Baltico, oggi patrimonio dell'UNESCO. Da qui, il protagonista Jonathan si reca in Transilvania presso il misterioso Conte Dracula per stipulare con questo l'acquisto di una casa a Wismar, lasciando in città la preoccupatissima e devota moglie Lucy. Sprezzante delle leggende sui vampiri narrategli dagli zingari incontrati sul cammino, Jonathan si dovrà però ricredere: l'inquietante Conte, invaghitosi di Lucy dopo averla vista ritratta in un cammeo, si mette in viaggio per Wismar dentro una bara piena di terra caricata assieme a tante altre su una nave. Questa arriverà a destinazione senza truppa (tutti misteriosamente scomparsi), ma con una miriade di topi provenienti dalle bare che dissemineranno la peste in città. Quando anche Johnatan riuscirà a raggiungere nuovamente Wismar, seppur trasfigurato e privo di memoria, sarà Lucy, sacrificando la sua vita, a porre fine a questa catena di disgrazie.
Ciò che “Nosferatu” condivide con l'antenato su carta stampata è l'atmosfera onirica, il potere del sovrannaturale, le atmosfere tetre e inquietanti tipiche dei romanzi gotici, di cui “Dracula” costituisce una fortunata, ultima appendice. Questo tipo di letteratura, che vede la sua maggiore fortuna proprio nel corso dell'Ottocento, ben si sposa con un certo tipo di pittura romantica, specialmente quella legata all'estetica del sublime, ossia alla rappresentazione dell' “orrendo che affascina” in cui l'uomo risulta un essere piccolo e solo di fronte alla potenza della natura e alla sue forme più prorompenti ed irrazionali.
Non a caso, diverse scene di “Nosferatu” ricordano, nella loro impostazione, alcuni tra i più famosi quadri del pittore Caspar Friedrich (1774-1840), massimo esponente di questo tipo di pittura nell'area tedesca. Quando Jonathan abbraccia la moglie Lucy in riva al mare, alla vigilia della sua partenza, sembra di rivedere il Monaco in riva al mare (1808-1810), dove la figura umana è ridotta a un flebile fuscello sospeso tra cielo e acqua, alla mercé dell'infinità. Sulla stessa linea, nelle sequenze in cui è narrato il lungo viaggio di Jonathan verso la Transilvania sono privilegiate le inquadrature di schiena del protagonista, dove lo si vede avanzare lungo paesaggi impervi e sconfinati. Le immagini richiamano il Viandante sul mare di nebbia (1818), dove l'uomo raffigurato dà le spalle allo spettatore e si affaccia su un paesaggio irto di nebbie vorticanti. Le stesse nebbie, nel film, si alzano e si mischiano fino a generare un'atmosfera indefinita e lattiginosa, simile a quella di Paesaggio di nuvole in corsa (1820) e Paesaggio del Riesengebirge (1820) dove la figura umana sparisce direttamente dalla scena.
La raffigurazione di schiena ricompare in “Nosferatu” anche in alcune sequenze riguardanti Lucy che attende il ritorno del marito. Nel film la vediamo aspettare seduta di spalle in un cimitero, immobile, con lo sguardo verso il mare. L'inquadratura studiata da Herzog, per la sua fissità, sembra essa stessa un quadro dipinto da Friedrich. Inoltre, sono presenti in questa composizione le suggestioni del già ricordato Viandante sul mare di nebbia, ma anche di L'abbazia nel querceto (1810) e del meno famoso Donna alla finestra (1832). L'abbazia nel querceto è richiamato a causa dell'ambientazione: nel quadro infatti si scorgono, oltre alle querce del titolo, anche le croci ritorte di un cimitero in mezzo alla foschia. Inoltre, le rovine dell'abbazia ricordano a loro volta le rovine del castello di Dracula nelle scene finali del viaggio di Jonathan prima citato. Donna alla finestra, invece, raffigura l'attesa di una donna raffigurata di spalle, affacciata alla finestra in un interno domestico. Nel quadro l'attesa va a mischiarsi alla curiosità, poiché la donna sembra sporgersi leggermente per vedere quel che accade fuori: dalla finestra, infatti, si può vedere il pennone di una nave che si avvicina. Come questa donna, anche Lucy può assistere dalla sua casa affacciata sul canale all'arrivo della nave carica di bare e topi. Una volta richiusa la finestra, ancora ignara di quanto stia accadendo, la peste sarà giunta in città e il suo destino inizierà ad essere scritto.
Chiara Zucchellini