Come coinvolgere gli adolescenti nella visita al museo: ne parliamo con Leontina Sorrentino


Adolescenti e musei: come coinvolgere i ragazzi durante una visita a un museo? Ne parliamo con Leontina Sorrentino, esperta di didattica dell'arte. Intervista con spunti davvero interessanti!

Una delle maggiori sfide per i musei al giorno d’oggi è quella di attirare quella parte di pubblico costituita dagli adolescenti. Un tipo di pubblico con caratteristiche proprie, che ha bisogno di attenzioni particolari, apposite metodologie, azioni didattiche mirate, che siano al contempo flessibili e rigorose. Come fare, dunque, per coinvolgere gli adolescenti in una visita a un museo? Ne abbiamo parlato con un’esperta: Leontina Sorrentino. Laureata in Conservazione dei Beni Culturali all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, si è poi specializzata nella didattica dell’arte: così, da dieci anni, il suo mestiere è quello di parlare d’arte a bambini, ragazzi e adulti lavorando a stretto contatto con le realtà museali. Sul suo sito web, www.didatticaartebambini.it, si possono trovare i suoi metodi, i laboratori da lei organizzati, con immagini e racconti di esperienze, e tanto altro. Per mettersi in contatto con lei è possibile anche visitare la sua pagina Facebook e il suo profilo Twitter. Di seguito, l’intervista sul tema adolescenti e musei.

Il pubblico degli adolescenti, corrispondente all’incirca ai ragazzi di scuole medie e scuole superiori, è uno dei più difficili da attirare in una visita a un museo, soprattutto se pensiamo ai musei d’arte, dove non è raro vedere ragazzi annoiati che si aggirano svogliatamente davanti ai dipinti ascoltando la loro musica da telefoni e lettori MP3 oppure parlando tra loro, più o meno rumorosamente, delle loro cose, senza prestare attenzione a quello che stanno vedendo. Secondo te perché il pubblico degli adolescenti è tra quelli meno facili da coinvolgere in una visita a un museo?

Non credo che sia più difficile coinvolgere gli adolescenti. O meglio: trovo che ci siano analoghe difficoltà anche per gli altri target, ciascuno ha caratteristiche proprie che vanno valutate, con grande attenzione, nella progettazione dei percorsi sull’arte. Percorsi che devono essere rigorosi e flessibili alla stesso tempo. Rigorosi sul dato scientifico e flessibili per essere adattati al contesto in cui vado ad operare. Questa metodologia è valida sempre per tutti, dai 3 ai 90 anni.
Se confronto le esperienze che ho fatto con gruppi di adulti, adolescenti o bambini, noto alcuni tratti in comune e reazioni sostanzialmente simili. Sono convinta che la noia o l’inadeguatezza siano sempre in agguato, solo che esistono maniere differenti di dimostrare e di esprimersi. Magari un bambino reagisce sbadigliando, un adulto annuendo meccanicamente e un adolescente infilandosi auricolari nelle orecchie.
Quello sugli adolescenti e l’arte resta, comunque, un argomento molto complesso e delicato. Quando lavoro con loro punto principalmente sulla relazione, sulla scelta degli argomenti e su associazioni apparentemente folli.

Leontina Sorrentino con alcuni piccoli visitatori di un museo
Leontina Sorrentino con alcuni piccoli visitatori di un museo

Quali sono gli errori più macroscopici commessi da chi cerca di portare l’arte tra gli adolescenti?

Per me occorre lavorare su due aspetti: uno di approccio e uno di contenuti.
Uno degli errori che ho visto più spesso commettere, che ha riguardato anche me finché non vi ho dato la giusta considerazione, è la mancanza di ’coerenza’ comunicativa. Spesso ci rivolgiamo agli adolescenti con un doppio registro: pretendiamo che abbiano reazioni da adulti, ma li trattiamo come bambini. Mi approccio a loro come un’amica e poi, quando la situazione mi sfugge di mano, ritorno normativa. Questo atteggiamento crea confusione e predispone ad un’ esperienza poco connettiva e sostanzialmente insoddisfacente.
L’altro errore è sulla scelta dei contenuti. Trovo poco accattivante per tutti i target, ma in particolar modo per quello degli adolescenti, analizzare le opere solo dal punto di vista iconografico e formale, Considero l’opera d’arte come una pagina multimediale con infiniti link su cui cliccare, non soffermarsi solo sul soggetto. Avere con gli adolescenti un incipit intrigante aiuta molto. Chiedere perché la scuola del colore si sia sviluppata proprio a Venezia , perché al romanico sia subentrato il gotico, a cosa servivano i prospettografi, sconfina in campi (come storia, geografia, tecnologia, costume) che aiutano a definire meglio quello artistico.

Per meglio coinvolgere gli adolescenti ritieni che siano migliori visite di gruppo, come quelle, per intenderci, che si fanno con la scuola, oppure visite meno “affollate” e più mirate?

Credo che le visite guidate di gruppo abbiano grande validità formativa.Il confronto dialettico e l’apporto personale di ciascuno servono a cogliere la complessità dei messaggi contenuti in un’opera. Di contro, lavorare con grandi numeri è complesso, come “neutralizzare” ruoli cristallizzati in un gruppo classe. Perché sia un’esperienza vissuta appieno occorre avere spazi e strumenti didattici adeguati al numero di ragazzi che ospito. Così se solo 8 ragazzi su 30 risultano coinvolti occorre interrogarsi: quanto è dovuto al disinteresse dei ragazzi, e quanto alla inadeguata gestione dell’offerta? Se, ad esempio, voglio farli dipingere devo avere 30 pennelli e uno spazio sufficiente, perché nessuno rimanga a guardare.
Andare al Museo con gruppi di ricerca (pochi ragazzi su temi specifici) o singolarmente (magari con la famiglia) è altrettanto importante. In questo caso abbiamo le condizioni per vivere un’esperienza più intima e con attivazione di strategie di approfondimenti. Vanno coltivati entrambi.

Hai sperimentato metodologie didattiche che stimolano l’attenzione e la curiosità degli adolescenti? Se sì, puoi descrivere i tuoi metodi e quali effetti hai ottenuto?

Parto col dirti che non esiste la formula magica, ma una continua ricerca. Il mio metodo prevede alcune strategie che ho ottimizzato col tempo e altre che sperimento anche improvvisando, che poi studio e analizzo attraverso una ricca documentazione.

  • Faccio un patto formativo: invito i ragazzi a presentarsi, chiedendo loro cosa si aspettano dall’incontro, mi presento e racconto quello che ho intenzione di proporre.
  • modifico lo spazio fisico: se sono in un aula sposto banchi, se sono in un museo faccio scegliere postazioni, se si può si lavora fuori. Decontestualizzare incuriosisce.
  • Inverto il processo : raramente faccio l’introduzione dell’argomento che propongo, parto da attività pratiche (manuali o ludiche) stimolo commenti e domande, solo dopo collego informazioni, dati, nozioni.
  • Chiedo supporto: anche tecnologico se hanno la possibilità di usare il cellulare o il computer, per differenziare le attività e coinvolgere tutti.
  • Invito a giocare: spesso faccio fare delle attribuzioni , preparo dei giochi enigmistici sul tema che presento, prevedo attività manuali (di breve durata), attualizzo gli argomenti, faccio associazioni apparentemente folli. Tutto nello stesso incontro.
  • Chiedo un feedback: saluto sempre con una considerazione mia, ripercorrendo il percorso fatto e mostrando foto scattate durante l’incontro e invito ad attribuire un aggettivo all’esperienza.
  • Lancio input: lascio delle domande senza risposte, e attivo link che possono essere sviluppati e aperti in altri momenti.

Gli effetti che generalmente ottengo sono sorprendenti! ma variano a seconda dell’interesse e del feeling che riesco a creare con l’accompagnatore dei ragazzi (sia esso un insegnante o un genitore). Ho visto anche tanti adolescenti dissimulare interesse per non apparire troppo presi. E questo per me la dice lunga. I risultati migliori si ottengono attraverso un lavoro continuativo in grado di creare quel clima di fiducia che tanto aiuta con gli adolescenti.

Un gruppo di ragazzi in visita al Duomo di Siena
Un gruppo di ragazzi in visita al Duomo di Siena

Nelle tue metodologie didattiche, prediligi un approccio che metta al centro le persone che vogliono imparare e approfondire l’arte, come nelle tue “Conversazioni d’arte”. Quanto è importante per gli adolescenti sentirsi protagonisti?

Quello che raccomando nelle mie Conversazioni è personalizzare gli interventi per renderli credibili e farli arrivare, considerare il contesto in cui andiamo ad operare e valutare le proprie caratteristiche comunicative ed emotive per essere dei buoni mediatori. Selezionare un artista, un genere, un movimento, un secolo o un tema dell’arte è una scelta. Il modo di raccontarlo anche!
Più che protagonisti (generalmente in pochi amano mettersi in mostra a quell’età) io direi che vogliono sentirsi individui. Non manco mai di approcciarmi in modo diretto ed interessato. E’ fondamentale stabilire un contatto. Io lo faccio attribuendo valore al momento “dell’accoglienza” , soffermandomi a chiedere il nome di ciascuno, e ricordandolo durante la durata del nostro incontro, anche se dura solo 1 ora. Ho notato che, questo accorgimento, abbassa il livello di ansia e di indifferenza ed aumenta il senso di responsabilità. Porsi in ascolto giova alla relazione e alla reazione. Essere preciso relatore, ma al contempo un attento interlocutore. Pronto a cogliere gli stimoli che possono emergere durante un incontro, per trasformare anche una provocazione, in motivo di conoscenza.

Secondo te i social network possono essere utili per invogliare gli adolescenti a visitare un museo? E se sì, come si deve porre chi fa comunicazione nei confronti degli adolescenti? Quali canali dovrebbe utilizzare, quale linguaggio, quali strumenti... ?

Mi sono interrogata tante volte a riguardo. In quanto strumenti, i social network hanno sicuramente un potenziale che deve essere sfruttato. Tuttavia senza avere una base ’relazionale’ con il gruppo di adolescenti con cui vogliamo comunicare, non penso che funzionino molto. Ho lavorato in un centro di Aggregazione Giovanile proponendo progetti sull’arte: contro ogni pronostico i risultati sono stati impressionanti. Ma ho impiegato 2 anni a entrare in contatto, farmi accettare, diventare una componente del gruppo. Solo a quel punto si sono lasciati accompagnare in un percorso che è sfociato in incontri istituzionali al Museo. E’ a questi ragazzi (di 12/13 anni) che devo la mia prima iscrizione su Facebook, perché hanno voluto creare un gruppo chiuso, col nome del centro, di cui dovevo far parte. Posso dire che è grazie a loro che ho iniziato il mio percorso sul web. Ancora oggi, nonostante il progetto sia stato cancellato per mancanza di fondi, mi tengo in contatto con loro tramite il web.

Alcune realtà, come il Los Angeles County Museum of Art, stanno sperimentando approcci “simpatici” nei confronti dell’arte, rivolti direttamente agli adolescenti, pubblicando su specifici social network (come Snapchat, utilizzato in prevalenza da un pubblico di adolescenti) immagini di opere d’arte “riadattate” che fanno battute spiritose o canticchiano i successi pop amati dagli adolescenti. Secondo te operazioni del genere hanno senso o rischiano di banalizzare l’arte e, al contempo, di sottovalutare gli interessi degli adolescenti?

Sono utili e alcune trovate divertono molto anche me. Credo che siano una buona ’testa di ariete’ per rompere il ghiaccio, ironizzare e provare a smitizzare l’aurea severa che, da sempre, si crea e si alimenta intorno all’Arte . Ovviamente non ci si può fermare li. Se è vero che non esiste un unico modo per parlare di arte (posso partire dalla cultura hip hop per parlare degli affreschi delle basiliche paleocristiane, senza avere paura di commettere un’eresia) è anche vero che non occorre inventarsi niente per rendere interessante l’arte. Basta solo raccontare un’opera, un artista, un movimento.

Attualmente cosa fanno i musei in Italia per coinvolgere il pubblico degli adolescenti, e cosa potrebbero migliorare?

A me sembra che i musei italiani stiano investendo molto sulla didattica. Il moltiplicarsi di iniziative, l’attenzione ai contesti, e un dibattito nazionale su alcuni canali social, interessante e stimolante, ne sono una dimostrazione. Proprio questa estate ho attivato un progetto #DABinvisita con l’obiettivo di girare tutta l’Italia per vivere, insieme alla mia famiglia, le proposte dei Musei. Quello che vedo fin d’ora, da professionista e da utente, è che occorre lavorare sulla comunicazione diretta (tempistica, diffusione, chiarezza di siti, comunicati, eventi) e sulla creazione di una rete di offerta didattica: proposte combinate, interregionali, tematiche. Esistono Musei che non comunicano e non si sostengono a vicenda, nonostante facciano parte di una stessa fondazione.


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Gli autori di questo articolo: Federico Giannini e Ilaria Baratta

Gli articoli firmati Finestre sull'Arte sono scritti a quattro mani da Federico Giannini e Ilaria Baratta. Insieme abbiamo fondato Finestre sull'Arte nel 2009. Clicca qui per scoprire chi siamo





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